giovedì 11 febbraio 2010


11 Febbraio 2010
Non mi ero mai fermata a riflettere sul fatto che ogni volta che ci prepariamo lo zaino per cambiare destinazione ci stiamo portando dietro la nostra casa… E’ una sensazione strana… impacchetti tutto, controlli di non aver lasciato niente dietro di te, saluti i tuoi amici di una sera o due e cominci a camminare per prendere un altro bus. Stavolta il tragitto è stato veramente lungo: 26 ore. Passare il tempo in autobus ci piace, come in verità in qualsiasi cosa serva per viaggiare (auto, aerei, treni…) quindi l’idea di trascorrerci così tanto tempo non è stato affatto un problema. Ben organizzati con cibo, libri e film, l’ultimo giorno è passato alla grande! A dire la verità l’attività a cui ci siamo dedicati di più è stata fotografare le cartoline che si succedevano fuori dal finestrino… Letteralmente 26 ore immersi in un paesaggio semi desertico, con forte raffiche di vento, qualche capra e qualche alpaca che sembrano messe lì per caso e ogni tanto, ma veramente ogni tanto, una casa. Per noi italiani è difficile da immaginare km e km senza case, negozi e vita! Il paesaggio tuttavia non è affatto noioso: le nuvole, complice il vento, creano cieli bellissimi, con striature che da noi sarebbero impossibili, e persino le pompe per l’estrazione del petrolio assumono un’aria poetica. Chissà cosa doveva essere, molti anni fa, intraprendere questo viaggio con un carretto o a cavallo, con l’orizzonte che ogni tanto ti inganna facendoti credere che un mucchio di sassi bianchi siano mucche al pascolo o che qualche arbusto più alto degli altri siano contadini della zona. Ma poi arriva il tramonto e tutto l’autobus diventa silenzioso… l’unico rumore sono i click delle macchine fotografiche… indescrivibile!

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